Ho sempre guardato con sospetto i libri assegnati dagli insegnanti, ma per esempio con Fahrenheit ho dovuto ricredermi... quando poi ho saputo che Brizzi, con questo romanzo d'esordio, ha aperto alle case editrici il mondo degli scrittori giovanissimi, ero piena di speranza. Inoltre, i commenti letti sul sito della feltrinelli erano così promettenti... Non mi fossi mai lasciata illudere.
Partiamo dall'inizio: il libro comincia senza lettera maiuscola, uno pseudo tentativo di voler essere originale che trovo di una pateticità incredibile. Ma passiamo oltre: le prime 4 pagine sono da choc anafilattico, tant'è che ho desiderato buttare imemdiatamente quell'ammasso di fogli fuori dalla finestra.
Un consolante "riscriviamo" ravviva un po' di speranza nel lettore disperato, che ancora non sa cosa lo attenda al varco.
Poiché non vogliamo essere denunciati per aver provocato infarti, eccovi un rissunto della faccenda: il protagonista, Alex, un "punk-cattolico" (vale a dire uno sfigato che vorrebbe essere originale, ma è un concetto troppo trasgressivo essere davvero trasgressivi) che andava tanto bene alle medie e ora si ritrova una capra al liceo classico (cosa che succede al 99,9% degli studenti, non è per niente prerogativa del solo personaggio) un bel giorno conosce Adelaide (Aidi), una ragazza che nelle fantasie dello scrittore dovrebbe essere una figura originale, perché lui di ragazze non tr***, tranquille, che mangiano cibi biologici non ne ha mai viste, ma in realtà non è affatto diversa da molte altre studentesse che si trovano nei licei. La loro storia è la trasposizione precisa di un rapporto platonico, intercalato dalle vicende personali di Alex, tra cui la storia di un suo amico che (SPOILER) farà una brutta fine.
L'ammirazione del protagonista (e quindi dell'autore) è tutta per questo ragazzo che, a suo dire, ha avuto il coraggio di liberarsi da un'esistenza tremenda con il suicidio; premesso che non è un gesto che personalmente depreco: davvero bisogna scrivere di ammirare qualcuno che dalla vita ha avuto soltanto indifferenza e non è riuscito a tirarsene fuori, invece che proporre qualche riflessione psicologico-filosofica (vi ricordo che il romanzo è definito "di formazione")?
La parte più squallida è poi l'invettiva politica (chiedo perdono a tutte le invettive politiche serie): non è molto diversa da quella che vi potrebbe proporre il pensionato deluso che abita nel vostro stesso condominio, e l'unica cosa che potrebbe sconcertare (cioè che certe cose si commettevano trent'anni fa come oggi) passa inosservata a causa dell'avvilente banalità del tutto.
Anche l'ultima pagina del libro non tradisce l'idea che il povero lettore si era fatto fin dall'inizio: niente punto finale "che sta ad indicare che la storia in realtà non ha una vera e propria conclusione" (traducete: un altro infantile tentativo di essere originale). In effetti, però, il libro non ha davvero una fine e, a dir la verità, non mi ha comunicato proprio niente.
Peraltro, metà delle pagine sono scritte dai Red Hot Chilli Peppers, I pogues e non so chi altro, oltre che nuotate in vasche colme di té alla pesca paragonate all'emozione di stare accanto a una ragazza speciale.
Sottolineo il fatto che quando l'ho letto avevo precisamente la stessa età di Brizzi quando l'ha scritto, quindi a tutti quelli che dicono "gli adolescenti dovrebbero proprio leggerlo" rispondo: noi ragazzi non abbiamo affatto bisogno di libri che parlino col nostro stesso linguaggio di argomenti/situazioni che ci ritroviamo ad affrontare tutti i giorni, bensì abbiamo bisogno di riflessioni, linee guida e proposte per rapportarci ad essi. Insomma, non ce ne importa un bel nulla di sapere che anche questo qui alla sua epoca tagliava già i compiti di greco, quanto piuttosto sarebbe interessante avere delle sue riflessioni da cui trarre ispirazione per le nostre.
Perciò, per favore, non venitemi a ribadire che è un romanzo di formazione: non comunica niente, non vuol dire assolutamente nulla e, soprattutto, cosa pretende di insegnare un diciassettenne in un libro cui mancano completamente le polemiche feroci di quell'età, in cui l'unica idea che risalta è che la volontà di distinguersi dalla massa isola e marchia a fuoco l'individuo?
Onestamente, non mi sembra che mangiare biologico o ascoltare rock ne siano un grande esempio: essere trasgressivi vuol dire andare contro al sistema. Se il mondo in cui viviamo è dominato dalla corruzione, la guerra e i soprusi, allora opponiamo il nostro comportamento a quello dominante della massa: questo è essere trasgressivi. Non bigiare, né fumare né, tantomeno, lamentarsi della politica per poi tornare ad ubriacarsi con gli amici, come fa il nostro vecchio, caro Alex.
[Modificato da Ink Maiden 09/04/2013 20:49]
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