Si tratta di uno di quei libri che ti regalano a Natale e che t'incuriosiscono fin da subito, ma per strane decisioni del destino li si prende in mano un anno e mezzo più tardi. Ebbene, ero partita con tante belle aspettative ma... sprecate.
Il narratore di questa storia è Peter, un quattordicenne danese che con sua sorella Tilte e il cane Basker III devono occuparsi della scomparsa dei genitori.
L'attenzione su questi ragazzini alle prese con due adulti più irresponsabili di loro propone delle riflessioni delicate e profonde, molto interessanti, dalla religione all'amore giovanile ai comuni ma insormontabili problemi adolescenziali.
Purtroppo, però, il problema sta nel modo con cui è raccontato tutto questo.
Già la nostra admin-fantasma Cassiopea vi aveva parlato dello "show don't tell", cioè dell'utilissima regola che prescrive di mostrare i fatti invece che raccontarli per filo e per segno, al fine di interessare a catturare il lettore. Bene, l'autore non deve aver mai saputo dell'esistenza dello SDT: ogni minimo dettaglio è raccontato con una quantità di virgole da perdervisi, e così ci ritroviamo a lasciare i due ragazzini intenti a guidare una macchina per saltare senza preavviso al loro fratello maggiore arpionato da alcune ragazze nelle vacanze di anni prima.
Ok, poche righe dopo il salto logico si chiarisce, ricollegandosi al punto in cui la storia era stata interrotta, ma lo stacco è così netto da lasciare completamente spiazzati. E ripeterlo ogni volta, millemila volte nello stesso capitolo fa diventare 400 pagine un vero mattone illeggibile.
Ancora, gli incontri "fortuiti" con altri personaggi, che puntualmente si rivelano sempre utilissimi, sono veramemte troppo esagerati: non ho nulla in contrario agli "aiutanti" funzionali allo svolgimento della trama, ma qui stiamo veramente salpando acque troppo pericolose.
Da ultimo, la caratterizzazione dei protagonisti, in particolare di Tilte, è esageratissima: non metto in dubbio che Hoeg abbia voluto marciare molto sulle caratteristiche (che non vi spoilero) della ragazza per veicolare meglio i suoi messaggi, ma bisogna dosare con cautela un'arma così potente. E, mi dispiace, lui non ha proprio saputo farlo.
Insomma, come concludere? I figli dei guardiani di elefanti (il cui vero significato dell'espressione, bellissimo, si scopre dopo un po') è un libro che vuole trasmettere molto, e vi riesce, ma nel modo sbagliato; tant'é che soltanto un lettore paziente e speranzoso vi arriverà alla fine e potrà meditarvi su.
Scrittori e lettori Fantasy, radunatevi!
